Diario di bordo di Maurizio Canetta

Diario di bordo di Maurizio Canetta

10 aprile 2022

Uwe Timm ha aperto l’ultima giornata degli Eventi Letterari del Monte Verità. Uno scrittore che ha vissuto una drammatica vicenda di famiglia, un fratello volontario nelle SS, gravemente ferito in Ucraina, fatto che ovviamente lo porta all’attualità di oggi.

“Mi sono sempre chiesto come potesse un diciottenne offrisi volontario per andare a uccidere o a rischiare di morire. La risposta è che il regime aveva cancellato la compassione. Adesso vedo che le cose si ripetono, il che mi colpisce profondamente perché mai pensavo che una guerra potesse tornare in Europa. Abbiamo avuto l’illusione che l’Europa fosse pacifica. La cosa mi indigna.”

 

Luciano Canfora ha proposto un percorso attraverso il XXVI canto dell’Inferno, dove Dante racconta Ulisse come suo alter ego: sfidare i limiti della conoscenza significa spingersi verso territori eretici. “Il viaggio oltre le colonne d’Ercole è un motivo fortemente eterodosso per la cultura medievale, perché infrange i confini del mondo conosciuto. Rimane l’interrogativo sulle fonti a cui l’Alighieri si ispira per il suo Ulisse. L’unica libertà per Dante è la conoscenza.”

 

Carla del Ponte ha chiuso l’edizione del decennale con una testimonianza densa di lucidità ed emozione. Il dramma ucraino ha evidentemente mosso il suo animo e Carla del Ponte è stata tra le prime a dire apertamente che Putin deve essere processato per crimini di guerra e contro l’umanità. “Quando ho visto le immagini della fosse comuni, ho avuto un sentimento di rabbia, ho rivissuto il passato della ex-Jugoslavia. Non potevo tacere. Non sarà facile arrivare ad incriminare Putin, ma la giustizia è paziente.” 

Nel suo ultimo libro “Per la giustizia” il racconto delle odissee vissute come procuratrice nelle tragedie della ex-Jugoslavia, del Ruanda e della Siria si è mescolato all’analisi a volte spietata della non azione della giustizia internazionale, frenata dagli interessi politici. Un bilancio fatto di successi e frustrazioni. “Sulla ex-Jugoslavia abbiamo portato alla sbarra un capo di stato come Milosevic, sul Ruanda ci sono state condanne per molti responsabili. In tutti e due i casi ho dovuto fermarmi a un certo punto perché non è stato possibile agire su episodi che riguardavano la NATO o le forze legate al presidente Kagamè. Quella sulla Siria è stata fin dall’inizio una commissione alibi. Ma forse il dramma ucraino può risvegliare le coscienze e far tornare in primo piano il tema della giustizia per le vittime.”

09 aprile 2022

Eventi Letterari del Monte Verità di Ascona, giorno 3.

Philipp Keel ha raccolto dieci anni fa l’eredità di suo padre Daniel, fondatore nel 1952 di Diogenes Verlag

Ha ricevuto il premio Enrico Filippini con un certo stupore, convinto di non avere grandi meriti. In realtà in questi anni ha portato avanti la casa editrice proponendo molti nuovi autori dopo aver contribuito, da artista, a dare l’inconfondibile impronta bianca alle copertine di Diogenes. “Temevo di non essere all’altezza di quel che avevano fatto i miei genitori, ma ho raccolto la sfida perché non volevo che tutto il loro lavoro venisse perduto o svenduto. La sfida è stata vinta anche grazie al gruppo con cui lavoro: io ascolto, spesso riconosco i miei errori, alla fine so che devo decidere…”. 

Philipp ricorda di aver passato molte ore nell’ufficio del padre a imparare il mestiere, ricorda l’incontro a Cinecittà da bambino con Federico Fellini, ricorda le vacanze irrinunciabili in Italia: “Ancora oggi quando mi trovo a sud sono sempre un po’ più felice e a nord un po’ più triste.”


Lilian Thuram è uno dei più grandi calciatori in assoluto, campione mondiale nel 1998 con la Francia ed europeo nel 2000. Una carriera strepitosa che non gli ha risparmiato episodi di razzismo, da sempre uno dei suoi campi di impegno. Oggi scrive libri, va nelle scuole, gestisce una fondazione. Al Monte Verità ha portato la forza delle sue riflessioni e le storie del suo vissuto, in una commistione davvero potente e profonda.“Il razzismo viene da una cultura della violenza e da un pensiero “bianco” che ha plasmato il nostro universo. Dai piccoli episodi quotidiani, ai quali nessuno di noi sfugge, fino alle grandi violenze istituzionalizzate, siamo tutti dentro questo pensiero. Per uscirne, dice, c’è una sola ricetta: porsi domande, mettersi in discussione, soprattutto i bianchi devono farlo, devono riuscire a guardare il mondo da un punto di vista diverso.”


In collegamento da Israele Zeruya Shalev, scrittrice capace di sondare l’animo umano - sopratutto quello femminile - in movimento, alla ricerca di risposte spesso nascoste nelle pieghe della società.

“Gli scrittori non capiscono di scrittura come gli uccelli non capiscono di ornitologa, ha detto. Non ho mai cercato la mia voce, il mio linguaggio. Sono usciti da soli, senza forzature. Poi però bisogna lavorare le frasi, affinare le parole. E questo è un lavoro molto duro.” Per lei Israele è una patria, anche letteraria, irrinunciabile.

“Sono così radicata in Israele e così connessa con questo paese, che non potrei vedermi scrivere in un altro paese o su altri temi.”


Raffaella Romagnolo inserisce le vicende dei suoi protagonisti (“Gli umili, i migranti italiani del nostro passato, i contadini”) nel grande quadro della storia, che a volte resta sullo sfondo, a volte emerge. Come in Di luce propria, ultimo suo romanzo pubblicato, nel quale il protagonista è un bambino abbandonato in orfanotrofio, che cresce e matura agli albori dell’unità d’Italia e della nascita della fotografia. 

“Tento di mettere a fuoco attraverso la narrativa e le storie individuali il quadro della “grande” storia.

Credo che si impari a scrivere, scrivendo. Hai in testa un barlume di idea, poi sei obbligata a trovare gli strumenti per esprimerla. Penso  che lo stile di una scrittrice debba essere flessibile. La lingua, il ritmo, gli aspetti formali  devono adattarsi alla storia che vuoi raccontare.”
 

Con Bernhard Schlink lo scavo nella storia della Germania emerge con prepotenza. Se A voce alta (Der Vorleser), il suo maggiore successo, trattava la difficile ricucitura con l’epoca nazista, il suo nuovo romanzo Die Enkelin (La nipote, di prossima pubblicazione in italiano) affronta la Germania della riunificazione e delle derive dell’estrema destra.

“Un passato di cui non si parla acquista una forza distruttrice”, dice. 

Ne La nipote torna a galla un passato non confessato, che spinge il protagonista a cercare una ragazza finita nelle spire di una comunità di estrema destra, un tema molto sensibile nella Germania di oggi.

“La presenza delle destre nazionaliste nella ex DDR è maggiore di quel che immaginiamo. Mescola anche elementi verdi, amore per la natura e rifiuto dell’ideologia.

Come vanno affrontate queste persone? È fondamentale parlare quando è possibile, entrare in dialogo. Soprattutto ascoltare.

Diventa un’ odissea interiore e secondo me l’Odissea non è la storia di un’andata e di un ritorno. Non si arriva mai, si riparte sempre, il viaggio continua. Non si ritorna perché il tempo non si ferma mai.”

08 aprile 2022

Seconda giornata degli Eventi Letterari. Apertura nel segno dell’Ulisse di Joyce pubblicato cento anni fa. Cinque scrittrici e scrittori ticinesi (Prisca Agustoni, Laura Accerboni, Anna Ruchat, Alberto Nessi, Fabio Pusterla) hanno colto frasi e parole dell’Ulisse, interpretandole in chiave personale. Sono emersi i temi potentemente presenti nell’Ulisse: l’amore, i corpi, la lingua elaborata e mescolata, l’attualità politica che incombe, il viaggio continuo, la ricerca di risposte.

Legami con esperienze vissute ed evocazioni di artisti, scrittori e paesaggi naturali e umani hanno segnato i cinque percorsi “d’après Joyce”.


Con Noëmi Lerch, giovane autrice svizzera che vive in Ticino, ci siamo immersi nel mondo contadino, di cui lei è espressione letteraria, ma anche reale, visto che lavora in un’azienda agricola. “La mia è una scrittura di sentimenti e sensazioni, più che di trama. Lavoro per sottrazione, per me scrivere significa togliere elementi da una massa grezza.”, dice Noëmi Lerch, che trasferisce nei suoi racconti tempi e ritmi della vita a stretto contatto con la natura.


Tullio Pericoli ha ripercorso con brio e leggerezza una vita costellata di incontri con persone straordinarie. “Sono gli incontri che hanno segnato la mia vita, da Zavattini a Montale fino a Umberto Eco. Con piccole frasi o episodi mi hanno lasciato tracce profonde.” Pericoli è pittore e anche scrittore, ciò che gli consente un parallelo. “In letteratura c’è l’editing che salva la lingua, evita gli errori. Ho l’impressione che nella pittura spesso manchi l’editing, per cui anche concetti alti e importanti annegano in cattiva pittura.”


Maylis de Kerangal è una viaggiatrice dell’animo, racconta vicende di persone immerse in odissee collettive o personali, dalla lotta contro il tempo per salvare la vita con un trapianto al dramma dei migranti di Lampedusa.

Di fronte alle tragedie del mondo – adesso la guerra in Ucraina, ma anche quelle che poi spariscono dall’attualità – Maylis de Kerangal rivendica la volontà di prendere posizione.

“Io ho uno strumento che è il linguaggio, prendo posizione, ma sempre attraverso l’elaborazione letteraria. In Lampedusa, ho provato a dare voce alle vittime. Ma ho cercato di farlo non da una tribuna intellettuale, ma entrando nel tema dal “basso”. La letteratura per me si apparenta molto alla geologia: scavare per portare alla luce le stratificazioni.”

07 aprile 2022

Primo appuntamento della decima edizione degli Eventi Letterari del Monte Verità di Ascona con Yasmina Khadra, autore algerino che scrive con un nome di donna. Un obbligo dei primi anni quando era nell’esercito algerino e scriveva di nascosto, una scelta che poi ha rivendicato come omaggio alla moglie e alle donne in generale. E, come ha detto in apertura dell’incontro, stimolato da Gad Lerner, forse ha contributo a svegliare nel mondo arabo qualche coscienza sulla questione femminile.

“Sono alla ricerca spasmodica dell’essere umano, della comprensione dei suoi comportamenti. Per questo scrivo”, ha detto Khadra. 

“Dobbiamo andare verso la coesione sociale, verso l’unione, ecco perché detesto le persone che si definiscono arabi o berberi. Io sono algerino e basta.”

La vita quotidiana è il suo serbatoio letterario. Khadra racconta un episodio che ha vissuto. “Su un treno un magrebino chiede a una donna se può aiutarla a piazzare il bagaglio. La signora dice: “Grazie, non è il caso”. Poi invece accetta l’aiuto di un signore europeo. Ecco un episodio che mi ha provocato una collera immensa, perché quell’uomo è stato umiliato per un pregiudizio assurdo.”

Ma Khadra tiene a dire che non è l’autore che parla solo di violenza o di guerra, da quella civile algerina ai talebani in Afghanistan. “Se tutto è troppo serio, è la fine. Cerco sempre il lato umoristico delle cose.”