Noè Albergati
La storia del Monte Verità è ormai assai nota, o almeno lo è per tutte le persone che si interessano agli eventi lì promossi, anche perché nei discorsi che li inaugurano viene spesso ricordata, così come viene ricordata la particolare energia che vi si può percepire, legata a un’attività elettromagnetica di eccezionale intensità. Ma cosa rimane oggi di quella peculiarità (si intende ovviamente quella socioculturale e non quella naturale)?
Chiaramente il luogo non ha più la medesima funzione, di fuga da una realtà sociale soffocante, imbrigliata da vincoli e convenzioni, rigida nella sua eleganza formale che costringeva gli individui in ruoli predefiniti, dove la loro libertà di esprimersi era parzialmente annullata; eppure qualcosa rimane. Oggi siamo liberissimi di esprimerci, anzi si sente frequentemente l’amara costatazione che i social hanno dato fin troppa libertà e visibilità all’urgenza espressiva di ogni individuo, alla sua esigenza di essere ascoltato e considerato persino se non ha alcunché di significativo da dire; certo, influenze che plasmano il nostro pensiero e pressioni sociali (come la spesso menzionata, e il più delle volte con poco criterio, cancel culture) permangono, ma è innegabile che siamo sostanzialmente liberi di esprimerci. E allora cosa rimane?
Siamo sì liberi di esprimerci, tuttavia quello che è sempre difficile ritagliare è il tempo per farlo senza la superficialità, la leggerezza e la banalità che contraddistinguono la comunicazione sui social (ma non solo, basti vedere il giornalismo online, con si suoi articoli così di sovente curati male e basati su notizie non adeguatamente verificate). In questa società attraversata da un tempo rapinoso, in cui anche il tempo libero e le pause sono irregimentate in un rapido flusso, gli Eventi Letterari del Monte Verità, e in particolare il Cenacolo, regalano tempo: quattro giorni in cui l’unico impegno è riflettere e condividere le proprie riflessioni sulla letteratura e sui processi retro e circostanti.
Oltre al tempo, ho sollevato prima il problema della significatività, e la modalità mista del Cenacolo – che prevede momenti in cui si assiste alla conferenza di scrittori o intellettuali già affermati alternati a momenti di discussione tra i partecipanti del Cenacolo, il mentore (in questa edizione Fabio Pusterla) e, talvolta, altri autori, traduttori o editori – favorisce il suo raggiungimento. Gli invitati, condividendo la loro esperienza, permettono infatti di cogliere altri punti di vista sulla realtà, altri modi di intendere e esercitare la scrittura, su cui si ha tempo di riflettere per poi condividere i risultati di tale riflessione con gli altri partecipanti del Cenacolo, arricchendoli, ampliandoli, modificandoli e espandendoli grazie al loro contributo, al loro sguardo inevitabilmente diverso per l’impronta della loro soggettività.
Ad incrementare la ricchezza dello scambio concorre inoltre la presenza delle tre principali lingue nazionali: si sa che una lingua non trasmette mai soltanto il contenuto neutro delle parole che compongono un enunciato, bensì anche tutto il retroterra culturale e la stratificazione polifonica ad esse intrinseci. Si riesce così ad ampliare notevolmente l’orizzonte sui cui si posa il proprio sguardo, venendo a conoscere realtà e pensieri assai diversi dai propri, tuttavia dotati di eco che risuonano noti. Ma non è soltanto nell’ascolto che ci si arricchisce: la necessità di esprimere i propri pensieri obbliga a trasformarli in una forma meno fluida e sfumata, impone di esplicitarli, rendendoli di conseguenza più chiari e definiti, ossia incrementando la nostra consapevolezza riguardo ai temi che vogliono trasmettere.
Se quindi non rimangono la stessa forza radicale di innovazione e lo stesso impeto di rivoluzione esistenziale propri dello spirito originario del luogo, l’esperienza del Cenacolo perviene comunque a una trasformazione dei partecipanti che, per quanto minima, è più di quanto ottengano tante altre esperienze: sfaccettare ulteriormente il proprio nucleo di pensieri riguardo alla letteratura e alla realtà su cui si interroga, aggiungervi nuove sfumature e espandere l’orizzonte in cui esso si colloca, oltre naturalmente alla piacevolezza di conoscere altre persone mosse dalla medesima passione, è sicuramente qualcosa che non si concretizzerà solamente nella memoria.
Biografia
Noè Albergati, nato a Sorengo (TI) nel 1990, sta facendo il dottorato in studi italianistici a Pisa e Friburgo. Scrive racconti, poesie e saggi critici. Nel 2019 è uscito il suo primo libro di poesia, Dal tramonto all’alba (Alla chiara fonte).